
Le criptovalute attualmente esistenti sono 1376. Un numero incredibile, nel quale però occorre distinguere tra i progetti realmente validi e quelli che probabilmente non vedranno il nuovo anno, finendo travolti da difetti evidenti.
Nel complesso mondo delle Altcoin, un ruolo del tutto particolare spetta a IOTA, la criptovaluta disegnata per l’IoT (Internet of Things), che nell’ultimo periodo ha dato vita ad un intenso rally che ne ha sancito la crescita sino a 9 miliardi di dollari di capitalizzazione. Proprio la concezione che ne ha ispirato la nascita sancisce in pratica la vera grande differenza tra questa moneta virtuale e le altre, in quanto IOTA intende consentire alle aziende di esplorare nuovi modelli business-2-business facendo di ogni risorsa tecnologica un potenziale servizio da negoziare su un mercato aperto in tempo reale, senza commissioni da dover corrispondere.
Ottimizzata per l’Internet delle Cose, sempre più popolare e in ascesa in molti punti del globo, la nuova criptovaluta si differenzia dalle complesse e pesanti blockchain che caratterizzano il Bitcoin e le divise concorrenti proprio per l’inusitata leggerezza. Se solo si pensa che nel prossimo futuro non meno di 50 miliardi di dispositivi tecnologici saranno connessi al fine di rendere più facile e sicura la nostra vita di ogni giorno, si può facilmente capire come IOTA obbedisca ad una logica che potrebbe agevolarne il successo. Ognuno di questi dispositivi, infatti, comporta la necessità di micro transazioni, ovvero devono essere in grado di pagare automaticamente importi minuscoli l’uno con l’altro, senza dover cedere a compromessi sulla progettazione del prodotto tramite l’introduzione di hardware aggiuntivo. E’ proprio qui che interviene IOTA, grazie a Tangle, un grafico diretto aciclico (DAG) il quale ha la funzione di evitare la concentrazione di potere e distribuirlo in modo più omogeneo e capillare tra tanti utenti, aprendo in tal modo possibilità di scambio molto meno incanalate e prevedibili, e quindi dando vita ad uno scenario più democratico.
I fattori che differenziano IOTA dalle altre criptovalute
IOTA, come si può facilmente comprendere, rappresenta una novità di non poco conto nel complesso universo delle monete virtuali. A renderla diversa dalle consorelle, contribuiscono in particolare i seguenti fattori:
1) la totale assenza di commissioni;
2) l’esenzione dal rischio di inflazione monetaria, derivante dal fatto che le monete previste nel piano di avvio sono già tutte circolanti;
3) il fondarsi non su una blockchain, ma su una struttura distributiva che si propone principi di democrazia economica. Tangle è infatti un registro decentralizzato che si regola automaticamente e che non prevede processi di mining, uno degli aspetti che hanno sempre provocato perplessità negli osservatori esterni, in particolare negli investitori;
4) la presenza di una governance in cui non esistono differenze tra i miners e gli utenti che hanno minato altri progetti, portando a diverse hard fork, ovvero le divaricazioni tra gruppi caratterizzati da visioni contrastanti;
5) la verifica delle transazioni in fasi successive per evitare che vengano inseriti procedimenti tali da compromettere il sistema, mediante una proof of work (PoW) molto leggera. A differenza di quanto avviene con Bitcoin, la PoW non viene eseguita in competizione con nessuno limitando al minimo il costo energetico.
Altri fattori di forza
Oltre ai fattori già ricordati, che fanno riferimento alle scelte operate in fase di lancio, ci sono altri fattori che rendono IOTA una criptovaluta molto interessante e che potrebbero permetterle di rendere sempre più solide le sue basi.
Tra di essi va ricordata in particolare la collaborazione avviata con veri e propri colossi del livello di Samsung, Fujitsu e Microsoft, basata sulla vendita e lo scambio di dati. I dati sono addirittura considerati più importanti del petrolio in questo momento storico: la stragrande maggioranza di quelli informatici che transitano attualmente su Internet vanno solitamente a disperdersi nella rete, rimanendo confinati in una sorta di limbo, ovvero rimanendo inutilizzati, ma mai del tutto cancellabili. IOTA mira proprio a raccoglierli, in modo da poterli ricondividere e valorizzarli, rendendoli in particolare merce da acquistare per mezzo di criptovaluta e su cui di conseguenza guadagnare, proprio grazie all’assenza di commissioni sulle transazioni e al sistema decentralizzato. In un’ottica di questo genere si può capire perché ad esempio in un solo giorno IOTA abbia visto aumentare la sua capitalizzazione del 90%, proprio in contemporanea con l’uscita delle notizie relative alla partnership inaugurata coi gruppi già ricordati.
IOTA: successo effimero o minaccia per il Bitcoin?
Naturalmente, anche IOTA ha avuto una vera e propria esplosione in termini di capitalizzazione negli ultimi mesi. Nel suo caso, però, non si tratta tanto di fenomeni di carattere speculativo, quanto di una vera e propria brezza di fiducia che soffia sulle vele della criptovaluta e che si fonda appunto sui fattori già descritti, ovvero l’aggancio con un universo in grande crescita come l’Internet of Things, la collaborazione avviata con una serie di colossi e il fatto di contare su una struttura distributiva in grado di fare a meno dei miners, ovvero Tangle. Proprio per questo motivo, alcuni analisti si sono spinti in una previsione estremamente impegnativa, in base alla quale IOTA sarebbe destinata entro il 2020 addirittura a prendere il posto del Bitcoin. Non resta quindi che vedere se questo vaticinio diventerà realtà.
Cercano invece di contenere gli entusiasmi i co-fondatori del sistema, che sono quattro e tra i quali l’unico a sbilanciarsi nelle ultime ore è stato Dominik Schiener, affermando che nel corso del 2018 IOTA punta a installarsi sul podio delle criptovalute, sul gradino più basso. Un pronostico cui Schiener è arrivato anche sull’onda di una serie di aggiornamenti che potrebbero fornire ulteriore carburante all’ascesa della criptovaluta da lui varata. Il più importante di essi riguarda la prossima integrazione di IOTA in un e-wallet già consolidato, una scelta resa obbligatoria dal fatto che il portafogli nativo gode di una scarsa popolarità, diventando in tal modo un freno allo sviluppo della moneta digitale. A prenderne atto sono stati nel corso delle ultime settimane gli stessi sviluppatori, i quali si sono resi conto come esso sia di non facile utilizzo. E’ stata quindi decisa l’integrazione con un sistema già collaudato, tale da permettere a IOTA di assumere una posizione ancora più centrale nelle contrattazioni e, quindi, di poter essere scambiata con la stessa facilità e popolarità su cui già fanno affidamento le valute concorrenti.