Doge Coin

Anche da uno scherzo, può nascere qualcosa di grande. Una lezione che può essere tratta dall’affermazione di Dogecoin, la criptovaluta nata nel 2014 con intenti puramente satirici e poi invece lievitata sino a diventare una delle Altcoin più apprezzate da un folto numero di investitori e utenti. A sospingere questa divisa virtuale è proprio la considerazione della fase di affanno vissuta dalla criptovaluta creata da Satoshi Nakamoto, che si dibatte tra i sospetti di essere uno strumento dell’intelligence statunitensi e le accuse di chi la ritiene un modo perfetto per ripulire capitali illeciti. Sospetti che invece non sfiorano Dogecoin, che pure del Bitcoin è una versione più rifinita dal punto di vista puramente tecnico e assolutamente diversa da quello ideologico.
Per capire meglio quest’ultima affermazione e il successo di Dogecoin, bisogna però fare un passo indietro, ovvero alla sua nascita, avvenuta ad opera di Jackson Palmer, un Project Manager che aveva sino ad allora legato il suo nome ad Adobe, azienda specializzata nella produzione di software.  Il curioso nome di questa valuta digitale, in particolare, è dovuto al meme di un cane, Doge appunto, ed anche il logo è teso a richiamare l’idea mediante l’immagine di uno Shiba Inu. Un meme del resto famoso, se si pensa che nel 2013 era stato incoronato dal sito knowyourmeme.com come il migliore dell’anno.  Il suo ciclo di vita non era però finito, visto che di lì a poco sarebbe stato riciclato come immagine di una criptovaluta destinata a far molto discutere. L’intento che aveva portato alla sua nascita era principalmente goliardico e la scelta stessa del nome doveva essere la chiara indicazione di un gesto teso a sminuire la sacralità del Bitcoin, in quel momento in grande spolvero anche a livello di immagine. Una idea che sembrava assurda, ma che ha invece radunato intorno al progetto una vasta community, sancendo in tal modo la riuscita di Dogecoin.

Come funziona Dogecoin

Come nel caso di altri progetti analoghi, siamo di fronte ad una valuta basata su complessi sistemi crittografici a chiave doppia, i quali dovrebbero permettere, almeno nelle intenzioni del team di sviluppo, transazioni anonime e sicure. Anche in questo caso occorre scaricare un Wallet, sotto forma di software per il computer destinato ad ospitarlo, sia esso un Mac o un PC che usa Linux o Windows. Un funzionamento quindi molto simile a quello del classico Bitcoin, che prevede appunto l’utilizzo del Dogecoin, il quale può essere acquistato presso un exchange oppure aderendo al processo di mining, ovvero l’attività estrattiva virtuale della moneta che permette ai miners di consentire l’utilizzo della propria potenza di calcolo per risolvere complessi problemi denominati “blocchi” ed ottenere come contropartita appunto l’estrazione dei codici corrispondenti ad un certo numero di nuove monete.
Una volta che siano stati estratti, per utilizzare i Dogecoin è necessario dotarsi di un software gratuito e open-source in grado di  fungere da portafoglio, come Wowdoge o Multidoge. Sarà proprio il portafoglio a creare degli indirizzi, ovvero sequenze alfanumeriche di 34 caratteri, i quali servono a ricevere le transazioni, svolgendo in pratica il lavoro affidato all’IBAN di un conto corrente bancario. Una volta che sia stato installato il programma, diventa relativamente semplice comprendere il funzionamento dello stesso e del sistema.
Come il Bitcoin, questa valuta virtuale è destinata a fungere da carburante nel sistema di transazioni che avviene all’interno del web, con il vantaggio di assicurare una maggiore velocità e sicurezza rispetto alla più famosa consorella e senza costi relativi ad eventuali commissioni per intermediari che non ci sono. Resta però da vedere se il confronto con altre criptovalute che si sono prefisse lo stesso compito non sia destinato a suonare impietoso per Dogecoin.

Le prospettive di Dogecoin

Il modo in cui è nata questa cryptocurrency ha seminato molti dubbi negli analisti. Se per alcuni il Dogecoin è destinato a sgonfiarsi in corrispondenza con la fine della moda che ha caratterizzato il meme, secondo altri non è detto che una cosa sia legata agli altri. A confermare la seconda teoria è anche il fatto che nonostante la mancanza di apprezzabili interventi da parte del team di sviluppo nel corso degli ultimi tempi, Dogecoin non abbia fatto registrare il paventato crollo. Anzi, va messo in rilievo come sia riuscito a far registrare una crescita del 1850% nel corso degli ultimi dodici mesi, segno di una popolarità che va ben oltre le questioni tecniche. Si tratta insomma di una corrente di fiducia che non decade, ad onta degli intenti scherzosi che pure hanno connotato il progetto inizialmente e che potrebbe infine permettere alla divisa virtuale creata da Jackson Palmer di sopravvivere a progetti che pure avrebbero tutte le caratteristiche per affermarsi. A tal proposito occorre sottolineare come proprio Dogecoin sia stata in pratica l’unica a resistere al flascrash provocato dalla decisione del governo cinese di bloccare le ICO sul territorio della Repubblica Popolare, a differenza di quanto accaduto alle consorelle, anche quelle che sembrano ormai realtà consolidate.
Una capacità di resistenza sganciata da possibili questioni tecniche, che ha peraltro provocato molta perplessità nello stesso fondatore, che pure ha abbandonato il progetto nel 2015. Quando Dogecoin all’inizio di gennaio ha varcato la soglia del miliardo di capitalizzazione, proprio Palmer ha esternato tutte le sue perplessità, bollando come una pura speculazione quello che sta accadendo intorno alla sua creazione. Una esternazione che segue l’intervista da lui rilasciata al New York Times a metà del 2007, quando aveva attaccato in maniera esplicita le criptovalute, sostenendone l’impossibilità di reggere nel lungo periodo e bollandole più o meno alla stregua di una bolla speculativa in attesa di esplodere, con esiti fragorosi.
Dall’altro lato va però sottolineato come mentre il Bitcoin (e anche altre criptovalute) abbia dimostrato una indubbia capacità di attrarre una vasta comunità, spingendo infine anche le istituzioni a riconoscerne la validità, Dogecoin sia in fondo rimasto confinato ai suoi sostenitori. L’incapacità di allargare la sua influenza potrebbe essere infine proprio l’inizio della sua crisi, almeno secondo addetti ai lavori e analisti. Non resta quindi che vedere chi abbia ragione, tenendo comunque in conto il fatto che Dogecoin sia più volte riuscito anche nel recente passato a smentire le previsioni pessimistiche.

Potrebbero interessarti anche: